Ano Hana: ancora non conosciamo il nome del fiore che abbiamo visto quel giorno

Jintan, insieme a Menma e altri quattro amici, passano una stupenda estate d’infanzia fino a quanto Menma non muore affogata in un vicino torrente dove spesso andavano a passare le giornate.

Alcuni anni dopo la compagnia non esiste più, i cinque superstiti hanno preso strade separate, incarnando ruoli tipici da adolescenti giapponesi come lo studente di successo, la tipa perfettina e introversa, la ragazza frivola, il tipo strambo e un po’ pervertito. Jintan, ritiratosi dalla scuola, vive un’esistenza di inenarrabile amarezza e rimpianti, quando gli capita di incrociare i suoi vecchi amici viene ignorato o si vergogna nascondendosi.

La situazione non migliora quando il  fantasma cresciuto di Menma appare rendendosi visibile solo a Jintan; Menma dice che deve ancora succedere qualcosa per permetterle di andare in paradiso, ma da brava ragazza sbadata non ha idea di cosa possa essere.

Ciò sprona Jintan a uscire  e a radunare la vecchia banda oramai sciolta per svelare il mistero.

Con il passare dei volumi , si scopre che tutti e 5 sono segnati dal senso di colpa, credendo che la morte di Menma sia stata colpa loro, ma dopo vari sbattimenti e peripezie riusciranno con molta fatica a mettere insieme i pezzi della loro amicizia, sfociando in un finale che vi farà piangere come donnicciuole,

Con questi presupposti, Ano Hana può sembrare un dramma pompatissimo, o qualcosa di epico.

Non è nulla di tutto ciò, la trama di Ano Hana è di fatto linearissima, i personaggi sono dichiaratamente dei cliché ed è possibile capire i vari triangoli e quadrilateri amorosi sin dal primo volume.

Cosa rende allora Ano Hana così coinvolgente? Come fa una storiella così semplice a farti piangere ?Ma è proprio la semplicità la chiave.

Tutto in AnoHana è incentrato su un unico tema predominante: la nostalgia dell’infanzia.

Le due dimensioni temporali di cui si alterna la narrazione sono infatti un presente inquieto e infelice e un passato idilliaco mitizzato, con lo spartiacque della morte di Menma. La “base segreta” in cui si ritrovavano  il fulcro di tutta la narrazione della dimensione “passata” e lo diventa gradualmente anche di quella presente, con i personaggi che loro malgrado, quasi inconsciamente, finiscono per tornare quotidianamente a trovarsi lì, prima tormentati dal fantasma di Menma che li perseguita e poi ritrovando almeno in parte quell’unità di spirito che puoi avere solo con gli amici di infanzia.

AnoHana è una storia contemporanea e fa riferimento a molti riti e sottintesi culturali tipici del Giappone di oggi, dall’alienante realtà scolastica al modo di interiorizzare il lutto, e come tale è senz’altro più fruibile da chi ha già una certa cultura in fatto di giapponesate.

Tuttavia, la semplicità di cui sopra e la cura con cui viene raccontata in modo genuinamente allegro una storia a dir poco deprimente lo rendono fruibile a tutti.

Tutti noi abbiamo una base segreta che magari affianchiamo in macchina tutti i giorni senza pensarci, poi ci viene voglia di tornare a visitare nei momenti più assurdi, tutti noi abbiamo amici d’infanzia che abbiamo perso per strada e che ricordiamo non per gli aggiornamenti su Facebook, ma per i mitici ricordi che tutti gli sbattimenti della vita fanno di tutto per nascondere ma non riusciranno mai a occultare completamente.

AnoHana, oltre a farci consumare pacchetti di fazzoletti  riesce appunto nel nobilissimo intento di far risvegliare, sia anche per pochi secondi, quel bambino dentro di noi che continuerà sempre ad accompagnarci, che lo si voglia o no.

Piccola nota personale, visto che il manga non è facilmente recuperabile vi consiglio la serie animata che riesce perfettamente a trasmettere le stesse emozioni.

-TatoNerd-

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